Grandi Penne Americane: John Steinbeck - Furore

“The Grapes of Wrath” (“I frutti dell’ira”), Steinbeck scelse una citazione biblica come titolo ad una delle sue opere più famose, più criticate, più censurate. Infatti, nonostante il grande successo ottenuto e l’indiscutibile qualità del contenuto e dello stile di scrittura, il romanzo subì un violento attacco politico a causa delle descrizioni dei conflitti tra lavoratori stagionali e proprietari terreni, per il linguaggio considerato volgare e l’orientamento che venne giudicato eccessivamente “di sinistra” (tema affrontato, tra le altre cose, anche nel libro).

In realtà, Steinbeck aveva una visione della vita profondamente armoniosa e pacifica. Non solo. Pur simpatizzando per la sinistra, era un convinto sostenitore del New Deal di Roosevelt. In questo romanzo fa la cronaca dei cicli di vita dei coltivatori della vallata di Salinas, in California, dei suoi mistici, dei suoi avventurieri, studiando i suoi processi di sviluppo, immergendosi con interesse affettuoso e intimo per le vicende umane dal punto di vista biologico. Si identifica con la vita della sua vallata nativa, ritraendone la natura animale della vita umana. 


"Gli affamati arrivano con le reticelle per ripescare le patate buttate nel fiume, ma le guardie li ricacciano indietro; arrivano con i catorci sferraglianti per raccattare arance al macero, ma le trovano zuppe di kerosene. Allora restano immobili a guardare le patate trascinate dalla corrente, ad ascoltare gli strilli di maiali sgozzati nei fossi e ricoperti di calce viva, a guardare le montagne d'arance che si sciolgono in una poltiglia putrida; e nei loro occhi cresce il furore. Nell'anima degli affamati i semi del furore sono diventati acini, e gli acini grappoli ormai pronti per la vendemmia."


“Furore” parla dell’orgoglio, della sopravvivenza, della rabbia umana. È la narrazione di una traversata epica dell’America per raggiungere la sognata e idealizzata California, la Terra Promessa che avrebbe fatto rinascere il Paese e la speranza di chi non aveva più niente dopo il crollo della borsa di New York e la martellante avanzata del progresso (il progresso contro la natura), spinto dalle banche e dalla voglia di arricchirsi, a discapito di chi la terra la coltivava con amore, rispetto e reverenza.
"Il trattorista non poteva vedere l'aspetto della terra, non poteva sentire l'odore della terra; i suoi piedi non toccavano le zolle né avvertivano il calore e il potere della terra."

Siamo negli anni della Grande Depressione, infatti. Gli anni dei troppi disoccupati. Gli anni della fame e della disperazione. Gli anni di paghe bassissime, quasi inesistenti, che permettono a malapena di sopravvivere. Gli anni dei lavoratori stagionali che, ogni volta che il lavoro termina, devono reinventarsi per un pugno di farina e qualche grammo di pancetta da mettere sotto ai denti dei bambini. Gli anni della sofferenza degli Oakies, che sono stati privati della terra, ma ancor di più della dignità di uomini.

"A furia di mendicare, a furia di umiliarsi, presero a covare una rabbia disperata. E nelle piccole città la compassione per gli uomini fradici si trasformò in rabbia, e la rabbia contro gli affamati si trasformò in paura di loro."


Ad affrontare questa traversata epica, biblica e straziante, c’è anche la famiglia Joad. L’ennesima famiglia costretta a lasciare la propria casa, vecchia di generazioni e costruita col sudore dai nonni e dai bisnonni. Costretta ad intraprendere un viaggio pieno di insidie ed imprevisti, una vera e propria odissea verso una terra che di Terra Promessa, in realtà, non aveva proprio nulla. La California si rivela essere un luogo di miseria. Ciò che li aiuta a sopravvivere è la speranza, la fiducia in sé stessi e anche negli estranei. Vediamo anche la solidarietà umana tra chi non ha più niente e fa fatica a tirare avanti e che quel poco che hanno sono pronti a condividerlo col vicino di tenda. Anche il latte materno donato da una giovane madre, che ha perso il suo bambino, ad un uomo che stava morendo di fame e freddo, direttamente dal suo seno.

"Le donne guardavano gli uomini, li guardavano per capire se stavolta sarebbero crollati. Le donne guardavano e non dicevano niente. E quando gli uomini erano in gruppo, la paura spariva dai loro volti e la rabbia prendeva il suo posto. E le donne sospiravano di sollievo, perché capivano che andava tutto bene: il crollo non c'era stato; e non ci sarebbe mai stato nessun crollo finché la paura fosse riuscita a trasformarsi in furore."

Nonostante le critiche, il romanzo fu premiato con il Premio Pulitzer nel 1940. Steinbeck voleva che fosse “A truly American book”, ma, purtroppo, venne etichettato come un libro comunista. “Un libro di denuncia contro le ingiustizie perpetrate dai padroni a danno dei lavoratori”. Venne anche bruciato per evitare che circolasse. Questo però non scoraggiò la vendita del libro, tutt’altro. Vendette quasi mezzo milione di copie solo nel corso del primo anno ed ottenne il consenso e l’approvazione del Presidente Roosevelt e della First Lady. Ancora oggi viene considerato come “il grande romanzo americano”

È un libro che va decisamente letto. Quest'edizione Bompiani è in versione integrale e non va fatta scappare.

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